Uno dei film che ci ha sconvolti di più in assoluto, rovinandoci anche tutti i nostri bei ricordi di infanzia sulla cara vecchia Alice nel paese delle meraviglie.
Probabilmente avevamo le aspettative alle stelle, ma per forza aggiungiamo; Tim Burton, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Stephen Fry, George McFly (ciao Crispin, preferivamo rivederti in altri ambienti, ma ne parleremo dopo) e soprattutto ALICE, che cosa non poteva fare Burton con un soggetto del genere?! Già eravamo gasati e dotati di bromuro per calmare i nostri istinti sessuali animaleschi… ecco, abbiamo dovuto calmare i nostri istinti animaleschi, ma non erano sessuali, erano omicidi-suicidi.
Premettiamo che noi amiamo Tim, ecco forse perché questo film ci ha fatto accapponare la pelle, fosse stato di un altro regista ci saremmo passati sopra, ma questo film ci ha proprio ferito, ci ha fatto malissimo, e proprio perché è di Tim non si può perdonare. E basta dare la colpa alla Disney perché Alice della Disney è splendido, è colpa di Tim, punto e basta.
Il film è probabilmente il film meno burtoniano che si possa immaginare, anzi, diremmo; anti-burtoniano.
E per fortuna che Tim aveva dichiarato di essere intenzionato ‘a rappresentare interamente la sacralità della storia e di renderla in tutto e per tutto conforme all’opera di Carroll, cosa che a suo dire non è mai riuscita nei precedenti film a esso ispirati’ (Wikipedia says), per fortuna Tim, per fortuna… pensa se non avevi questa intenzione…
E basta anche dire che Tim non lo ha girato veramente, perché si vede che è lui, è la sua mano, semplicemente il film fa schifo, smettiamo di giustificarlo.
L’unica cosa bella sono i colori e i costumi, anche se i primi vengono annullati dagli occhialini inutili dell’inutile 3D aggiunto in postproduzione che non è servito a nulla tranne che a farci vedere meglio la deliranza… sia mai te la perdevi…
Il film manca completamente di poetica, tradisce lo spirito burtoniano e lo spirito, ancora più importante, dell’opera di Carroll (e la sceneggiatura ha pure dei buchi, no così, giusto per dire…).
Annulla completamente l’ambiguità e la possibilità di interpretazione multipla del romanzo, decretando che ‘il paese della meraviglie’ non è un mondo onirico o forse reale, no è reale proprio, con tanto di mappe geografiche, storia, oracoli, stati e quant’altro. Viene così a cadere un caposaldo di Alice, la sua dimensione grottesca e surreale, e ci viene regalato un ‘sottomondo’ banale e scontato che sembra uscito dal peggior Fantaghirò (il quarto).
Altro caposaldo che viene a cadere è la poetica burtoniana del diverso, il non capito, il non accettato che si fa strada nel mondo vantandosi della sua diversità, il film può trarre in inganno facendoci credere che questo sia Alice. In realtà cosa fa Alice? Attraverso un percorso banalissimo e stereotipato del solito eroe che cresce interiormente ed elimina il cattivone di turno, normalizza questo mondo parallelo strappandolo dalle grinfie della cattiva e brutta e riconsegnandolo alla bella e buona.
In un film burtoniano il personaggio protagonista dovrebbe essere proprio la regina; la brutta e malformata, sempre all’ombra della sorellina bella, perfetta e amabile.
Si vede che Tim si è scocciato di fare il reietto, potrebbe essere una metafora della sua vita attuale, Tim è voluto passare dalla parte dei belli e ricchi (ricchi ok, belli parliamone… però ti vogliamo bene, ma te ne volevamo di più quando eri brutto e triste).
Dunque il percorso che compie Alice, attraverso profezie, destino segnato, pipponi vari, ripensamenti, lacrime, dubbi e cazzate, è un percorso verso la ‘normalità’, verso lo standard, verso il politicamente corretto, il convenzionale e il moralismo spiccio, dove alla fine il cattivo cattivo viene sconfitto e il buono buono vince tutto. I personaggi questo sono; piatti. Senza sfumature, o buoni o cattivi, senza particolari caratterizzazioni.
La vicenda è piatta, prevedibilissima, noiosa, lunga, con tempi morti nemmeno utilizzati per chiarire quei buchi di sceneggiatura che ci sono.
Il cappellaio matto noi volevamo pure salvarlo, se non fosse che è decisamente troppo presente e finisca col rompere le scatole, ma alla fine ci regala quei 30 secondi di deliranza che è una macchia indelebile sulla carriera di Depp, la più grande macchia che il genere umano possa concepire! Ancora non ci crediamo di averla vista davvero, non può essere possibile… *sospiro malinconico* se si fossero risparmiati almeno quello… almeno quello, Tim, almeno quello… sigh…
Uno che si è decisamente risparmiato invece è Danny Elfman, che per il film ha scritto solo 3 note ripetute in eterno e riciclate dal suo precedente repertorio, per poi mollare tutto nelle mani di Avril Lavigne. Quando è partita la sua canzone nei titoli di coda volevamo piangere, a poca distanza dalla già logorante deliranza poi, doppia morte, non ci riprenderemo mai…
Un’ultima parola per il povero Crispin Glover, costretto a delle movenze ridicole e fintissime a causa dei trampoli su cui è stato obbligato a recitare… ma era proprio necessario? Era disturbante.
Sono passati anni, ma ancora non ci crediamo… Tim… torna, sta casa ‘shpetta a tte!
-I Cinefili Morti Dentro